Concludiamo la stagione 2019/2020 presentando la seconda edizione del Requiem Of Destruction Fest II ennesimo evento a sostegno dell’Hard Rock/Heavy metal italiano che stavolta vedrà la partecipazione di 17 band inedite, tutte validissime e piuttosto invogliate a vivere una favolosa serata di musica live, sperando di poter lasciarsi alle spalle la brutta esperienza del Covid-19.
L’evento sarà accompagnato anche da un contest, attraverso il quale verranno selezionate le band emergenti che si esibiranno sul palco B. Il ricavato dalle iscrizioni sarà raccolto e donato a tutti gli ospedali della Romagna per aiutare medici, infermieri, e tutti gli operatori sanitari ad affrontare l’emergenza sanitaria.
N.B: Tale raccolta fondi non è mirata a coinvolgere solo i musicisti partecipanti alla competizione, chiunque potrà contribuire con una donazione destinata ad aiutare gli ospedali cliccando questo link gf.me/u/xq6r5v

➖Ore 16.00

Apertura porte

➖Palco A
17.00:TBA
17.50:TBA
18.40:From The Depth
19.45:Old Bridge
20.50: Voices From Beyond
21.55: Hangarvain
23.00: Deathless Legacy
00.05:Nightland
01.10:Ancient Bards

Le band che si esibiranno sul Palco B verranno selezionate in seguito al contest sopracitato, il cui regolamento è consultabile cliccando sul link qui sotto.

➖Palco B
17.25:TBA
18.15:TBA
19.20:TBA
20.25:TBA
21.30:TBA
22.35:TBA
23.40:TBA
00.45 Barbarossa

Sabato 19 settembre 2020
Requiem Of Destruction Fest II

Tessera per la serata: 15 euro

24 club
strada degli angariari 25
Serravalle (San Marino)

LINK DIRETTO GOOGLE MAPS
https://her.is/2Y28Il6

Evento in collaborazione con MVO Concerti, Volcano Records & Promotion, K2 MUSIC MANAGEMENT, Facciamo Valere il Metallo Italiano

In un momento in cui tutto sembra fermo e sospeso, vedere che il nostro “Bless the Hell” va comunque avanti raccogliendo consensi ci dà grande gioia e soddisfazione! Nell’attesa di risalire sul palco e tornare a suonare la nostra Musica…che non sarà mai troppo presto. Grazie a tutti voi, e siete tanti, che ci fate costantemente sentire la vostra vicinanza e supporto! Bless the Hell!!!

Il ponte vecchio, quello di Firenze, città natale di questa heavy band con elementi storici della scena. Come l’Inferno di Dante, la storia della band è caratterizzata da colpi di scena e difficoltà varie: cambi di line up, fino alla scissione, che vede uno dei fondatori, per il quale abbiamo richiesta di omettere citazione, proseguire con un’altra incarnazione della band, mantenendo lo stesso moniker…..

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Gli Old Bridge vengono da Firenze e sono una band doom heavy metal con alle spalle una travagliata storia di cambi di formazione che giungonio ora alla pubblicazione del loro primo disco intitolato Bless The Hell. Capitanati dalla brava e grintosa cantante Silvia Agnoloni, propongono un suono heavy potente e genuino e dimostrano di essere tecnicamente preparati. Del resto la band è formata da bravi musicisti come il chitarrista ritmico Alessandro Berchicci Soave, il bassista Shinobi Seiryu (Antonio Maranghi), il batterista Nico Cempini e il chitarrista solista Damiano Porciani. Va poi segnalata anche la presenza di Beppi Menozzi (Il Segno del Comando e Jus Primae Noctis) alle tastiere. Il concept del disco è ispirato alla Divina Commedia di Dante Alighieri che viene evocata anche dalla copertina orrorifica di Paolo Puppo raffigurante un maestoso portale. I riferimenti alla Divina Commedia mi hanno fatto venire in mente mitici gruppi italiani del prog italiano come i The Trip di Caronte e i Metamorfosi” di Inferno anche se qui di prog ce n’è poco. In realtà il tema è trattato dagli Old Bridge e da Silvia Agnoloni in maniera originale: l’Inferno è visto come qualcosa che ognuno porta dentro di sé costantemente e con cui si combatte ogni giorno. Non è una visione ottimista quella di Silvia Agnoloni: l’Inferno alla fine è la nostra realtà quotidiana.

Si parte subito forte con la dirompente “Do It Or Not”; la successiva “The Time Of Dream” è introdotta da un bel giro di basso ed è più pacata e d’atmosfera. Con “Salvation” i ritmi tornano estremamente concitati e serrati mentre “Angels Could Cry” è cupa e seplocrale, molto orientata verso il doom alla Black Sabbath con bei cambi di tempo. “My Best Day” vede la Agnoloni grande protagonista al canto sorretta da una ritmica potente e da taglienti riff di chitarra. “Old Bridge” è epica, mostra la buona coesione del gruppo e cita la celeberrima frase della Divina Commedia “Per me si va nella città dolente”. La conclusiva title-track mostra un approccio oscuro e gotico che ricorda un po’ i Death SS.

Sicuramente gli Old Bridge sono un nome da tenere d’occhio per chi segue il doom e l’horror metal italiano e dimostrano di essere in possesso di buone potenzialità e di non avere nulla da invidiare a molte band nostrane del genere.

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I fiorentini Old Bridge, ovvero Ponte vecchio, uno dei luoghi simbolo della città gigliata, hanno avuto nel corso della loro carriera diverse incarnazioni.
La band formatasi nel 2009, è risorta nel 2018 e ora debutta con il primo full autoprodotto.
Questo disco è sulfureo, non solo per il filo conduttore che unisce i brani, ovvero l’Inferno, ma anche perché i nostri sanno toccare certe corde inquietanti del metal più classico al quale sono votati.
L’opener preceduta dall’intro “Ad inferi”, inizia con un riffing che più metal non si può.
Le tastiere si sentono in sottofondo, ma l’esplosività di questo brano di puro metal è percepibile; le chitarre sono ben equilibrate e la singer Silvia Agnoloni non ha il classico tono da screamer, ma anzi ha un timbro profondo, roco ricco di blues.
Con “Salvation”, la band graffia con un brano serrato e che sorregge pathos drammatico.
Il chorus è aperto e melodico, con le tastiere che fanno da tappeto hanno un feeling ottantiano; bello il tempo cadenzato con vocals a dare il ritmo prima del solo.
Come avevo detto, qui di sulfureo non c’è solo l’idea centrale che accompagna il disco, ma anche la quinta traccia che puzza di doom sabbathiano.
I chitarroni ribassati, con echi iommiani ed il cantato della singer basso, profondo ed evocativo rendono bene il climax; il chorus emana pathos e rabbia.
“Pleasing the lord”, inizia con un riff minaccioso che apre le danze in questo brano ricco di sfumature hard.
Bel tempo cadenzato, con un bel riff di chitarra e il basso di Shinobi Seiryu a seguire; il solo è fumante lava calda e bluesy.
La titletrack chiude l’album con un basso che arpeggia subito doppiato da un riff al sapor di zolfo maligno e inquietante, tocchi percussivi che aprono ad un mid tempo roccioso.
La singer adotta due registri, uno più roco e l’altro più profondo nel chorus cantato in latino; brano di heavy metal dalle sfumature horrorifiche e un profumo doomy nel finale.
Buona prova da parte del combo nostrano, si sente la compattezza del suono e la volontà di dare qualcosa di proprio, avanti così.

Recensione a cura di Matteo Mapelli

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Come si procede quando ti tocca recensire un album di una band che conosci personalmente, soprattutto se con qualcuno di loro, condividi anche la quotidianità di una realtà come quella di Facciamo Valere Il Metallo Italiano?

Semplice, lo fai con la massima onestà!

Sia perché,in caso contrario, snatureresti te stesso, sia perché svaluteresti la band in questione…

Eccomi quindi alle prese con gli Old Bridge, di Silvia e Shinobi, con i quali ho condiviso gli ultimi due anni di vita della band e di gestazione di questo “Bless The Hell” che, con le sue dieci tracce più intro, si è affacciato ad inizio 2020 nel mondo discografico dell’autoproduzione, anche se è fresca la notizia di una distribuzione da parte di Black Widow Records!

I brani contenuti all’interno di questo lavoro sono stati affinati e rielaborati nel corso di questi anni e, in alcuni casi, si sono rivestiti di un fascino decisamente molto raffinato che li ha resi molto interessanti e competitivi rispetto agli esordi.

Pur partendo da un metal molto classico, con venature di hard rock, la band ha introdotto al suoi interno delle sonorità che spaziano in alcuni frangenti verso lidi doom e persino blues, segno che all’interno del gruppo coesistono entità anche diverse, trovando un amalgama mai scontato e, proprio per questo interessante e creativo.

Dal punto di vista lirico sarebbe facile liquidare la band col mero riferimento alla figura più importante della loro Firenze, visto anche la chiara citazione del titolo, ma l’Inferno di cui i nostri ci parlano, non è esclusivamente quello dantesco, bensì quello umano, quotidiano, reale…non necessariamente simbolico e velato da figure retoriche…

Sin dall’opener “Do It Or Not”, che ci porta, come in un flashback, alla scena che precede un suicidio, anche se fortunatamente, evitato all’ultimo momento, ma con i sensi che chiaramente hanno impresso l’immagine… la pistola fredda al tatto e l’odore della polvere che impregna le narici…

Ed ecco che al momento tragico si contrappone, seppur temporaneamente, quello della speranza…quello della risalita…

“The Time Of Dreams” parte con le 4 corde di Shinobi che aprono la strada al cantato inizialmente basso di Silvia, e pian piano è scosso dal martellare di Nico e dalle chitarre di Damiano e di Alessandro.

La scelta però è quella di non alzare di molto la velocità del pezzo, mantenendola invece su quella di un mid tempo sorretto da un ritornello che entra subito in testa e che si fa cantare, prima di dare spazio ad uno degli assoli presenti in questo lavoro.

Dopo la boccata d’aria, la nuova presa di coscienza di ciò che significa sperare…un tormento continuo…un incubo…ed è così che arriviamo a “Salvation”, uno dei brani che ho visto davvero maturare e crescere durante le esecuzioni live e le rielaborazioni, arrivando a divenire uno dei miei preferiti, forse anche perché in questi pezzi traspare sempre il vissuto di chi li ha scritti e composti e questo li rende così spontanei e veri.

“Angels Could Cry” è il brano che, apparentemente, non ti aspetti, ma è quello che, sin dal primo ascolto live, mi ha sempre sconvolto…una ballata blueseggiante, con un testo struggente che ti lascia pieno di cicatrici e dentro e fuori…ancora una volta un assolo devastante che va a completare le immagini dipinte da Silvia…con liriche molto personali, che lascio a voi il compito di interpretare ma, tenete bene a mente che…sì anche gli angeli possono piangere!!!

E se Lucifero, arrivato in incognito in Paradiso, trova che anche ai piani alti non si sta poi così diversamente e se la ride beffardo, i nostri scomodano Orff e la sua Carmina Burana, che rese famosa la poesia medievale di “Fortunae Plango Vulnera”, come accade in “Rage In Paradise”; subito dopo tocca all’ottantiana “Pleasing The Lord” farci riassaporare la bellezza di esser peccatori davanti all’Immenso e poter poi sfidare ancora la sorte quando, malgrado troneggi il “Game Over” sulle nostre vite!

Eh sì, perché la giostra riparte, e accellera sempre più per portarci fino a quello che sarà il “My Best Day”, nel quale la resa dei conti è palese, ci si scrolla di dosso le sventure e si impugna l’arma dalla parte del manico, pronti ad affrontare il nemico nello scontro finale!

Questo è il brano che dal vivo esplode più degli altri…con la band che sale in cattedra e pesta, senza sosta, mentre la voce di Silvia prende sempre più piede e può, finalmente sputare in faccia la realtà dei fatti, non c’è più il dover sussurrare le cose, ma si può e si deve urlarle “dritte in ghigna”, ed ecco che si avanza compatti , mentre la chitarra tesse il suo assolo e la ritmica crea un bel muro compatto.

A chiudere, troviamo i due brani che portano rispettivamente il nome della band, ed il titolo dell’album…

Si va indietro nel tempo con “Old Bridge”, brano storico, seppur proposto qui in veste nuova; tributo a Firenze, al suo Ponte Vecchio e al Sommo Dante, con una delle citazioni più famose, pronunciata proprio sulle rive di un altro fiume fondamentale quale l’Acheronte, punto di passaggio tra mondo dei vivi ed Inferi, quegli Inferi…quell’Inferno, benedetto nell’ultima traccia, nuovamente rallentata, con una parte in latino a rendere ancor più intenso il messaggio di questo viaggio in quello che, ripeto è innanzitutto un Inferno interiore e non l’ennesimo “parlar della Commedia”…

Tante sono le cicatrici di cui questo lavoro parla e tante sono quelle che lascia in chi ascolta, e come se non bastasse, ad infierire sulle nostre anime arrivano due importanti figure del panorama italico, che meritano un enorme plauso, il maestro Beppi Menozzi (Il Segno Del Comando e Jus Primae Noctis) alle tastiere, presenti e mai fuori luogo e Paolo Puppo (Will ‘o’ Wisp) a curare, dopo aver realizzato il logo, la grafica dell’album.

Non scomodo grandi nomi da paragonare a questi nostri fiorentini, ma vi invito a gustarvi questo album, fatto di passione e sudore, senza fronzoli, da ascoltare e cantare ad uno dei loro concerti!

“…i stand and you’ll pay…it’s my best day!…”

Voto: 9/10

Francesco Yggdrasill Fallico

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